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Prefazione e pagina #1 del mio libro autobiografico " Mostro " che Houellebecq levati proprio...

Ultimo Aggiornamento: 14/06/2019 01:38
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Città: MILANO
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10/06/2019 03:14

Prefazione


Io sono sorto. Sono qui, da tempo. Ho un'inizio e una fine. Non vengo dal nulla ma dal materiale genetico di mio padre e mia madre, a loro volta sorti da materiale genetico che si è combinato da un'unione carnale, vitale, che porta avanti il gioco della vita che però presuppone, contiene, ha come grave difetto la morte. A quell'unione tutti aneliamo, quell'unione è ciò che è vita e rappresenta il nostro fine, ciò che alla vita conferisce senso.
Io so che non tornerò al nulla, la materia di cui sono fatto e sarò fatto al momento della mia morte si riciclerà nell'Universo. Ma ciò che io sento, ciò che io sono dentro, il mio sguardo sull'universo temo non possa riciclarsi in alcun modo, non possa rimanere.

Ma io voglio rimanere. In qualche modo. Se non posso farlo tramite quell'unione che da vita ed è vita, ci sarà un'altra via. Ma ogni idea di come fare per rimediare, di trovare un'altra maniera, soccombe dinnanzi al fantasma di quel mio mancato volo senza ali che secondo me saprebbe e dovrebbe dare la medesima gioia e libertà di uno sbattere le ali. Chissà com'è. So che quel volo è sussurrato dall'istinto che vuole che si perpetri la vita, anche se sulla tua mano. E' la più forte illusione di immortalità se vogliamo. Egoisticamente sentiamo possa essere reale: in verità produciamo solo un nuovo mortale.

So che altrettanta illusione è lasciare qualcosa di altro. Se non è possibile lasciare dei figli, qualcosa che possa andare oltre me. Un libro. Io lascio questo. E' la mia storia, è la storia di quello che per me è stata la vita. E ne parlo come chi ad essa ha assistito, tramite gli altri, da dietro un muro. Quel muro, prima degli altri che stanno oltre esso, me l'ha posto dinnanzi il Caso.

La colpa è sua. Gli altri si adeguano a ciò che il Caso ha prodotto. Lui ha agito nel buio profondo che stava nella caverna mentre nello stesso istante fuori dalla montagna c'erano i due leggiadri aironi che volavano. Che si sollazzavano. Mio padre e mia madre, belli, ma con delle macchie nei loro geni che potevano combinarsi male. Potevano combinarsi male, dico. C'era una remota possibilità. Che si è verificata. Quei geni, disgraziatamente, si sono combinati maluccio. Tutto ciò che non doveva manifestarsi, i supremi impedimenti alla felicità, si sono al momento giusto scolpiti nella materia, battendo i sogni meravigliosi che per gli altri sono quotidiana realtà, negando la vita e il suo fine, il suo senso. Precludendo l'amore. E' successo così. E io non ho scelto che accadesse questo.

Così nacque il pulcino, che crescendo sembrava potesse essere uno dei tanti aironi. Ne è venuto alla fine uno dei pochi corvi che gli aironi scacciano, beccano o semplicemente tengono lontano. Gli aironi seguono rotte e disegnano percorsi vertiginosi solcando lietamente il cielo là dove il corvo non può andare, non perché non abbia giuste ali ma perchè non ha belle ali.

Ma il corvo sa sempre dove volano gli aironi. Se li odiasse saprebbe dove trovarli. Il corvo prima li ammira, ma non sa che gli aironi vogliono la sua ammirazione. Si sente come loro, vola anche lui! Cosa c'è che non va? Lui vuole volare come loro e con loro, ma appena sale in alto qualcosa non va. Non può stare là, non è airone! Se accade, prontamente i bei pennuti intimano verso il basso il loro alt ai corvi, al corvo spaurito e indifeso per primo.

Io sono uno dei quelli stoppati per primi, ma non ho minimamente paura. Sembro aver paura. Io non ho paura, semplicemente non ho difesa. Loro tengono in mano il mio destino, loro, gli eletti, sanno dove confinarmi se vogliono. E io non posso dire nulla, io sono incudine non martello, ma non perché lo sia davvero ma perché do l'idea di esserlo. Ciò che io sono dentro davvero non lo sapranno mai, forse nemmeno io. Gli aironi si basano su ciò che vedono. Ma sanno dove mettermi se mi struggo di non poter volare davvero, loro hanno deciso per me, devo lavorare, devo consumare, devo sostenere il loro volo altissimo. Non sarò più neanche un corvo, ma un pollo che non vola, in gabbia, destinato allo spiedo.

Financo mi sarà negato anche il sopravvivere. Ai colloqui di lavoro scartano i brutti, pur validi. Quindi verrò emarginato, rigettato, tutto per cancellare i miei geni errati con me. Non dovrò avere nulla, si farà di tutto per non farmi sopravvivere solo perché il mio esistere può presentare lo spauracchio, il pericolo per la specie che mi riproducessi prima o poi perpetuando i miei geni nel tempo. Ne parlo al futuro ma in realtà tutto questo è già successo. E se è successo, è stato comunque colpa mia.

E' l'istinto primordiale degli aironi. Loro sono belli, ma basta essere anche semplicemente normali, quindi soggettivamente belli. Loro sono tanti, io sono nessuno, o sono dei pochi, pochissimi. Di default sono immondizia, solo per ciò che si vede, per la precisione per colpa di poco voluminose o non armoniche ossa facciali. E' finita, peggio, non è mai iniziata.

A meno che...
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