00 29/09/2019 05:54
Aldilà dell'ipocrisia. Cerchiamo di fare uno squarcio, aprire una finestra sul putrido mondo interiore di qualsivoglia uomo tradito da un Caso che lo ha sottoposto a una prova oggettivamente orribile, la peggiore immaginabile. Se chiudo gli occhi e pongo a me stesso la domanda se sia davvero la peggiore, ho come la visione di mille volti tutti però normali che mi diranno di non insultare chi veramente ha vissuto, sta vivendo, vive situazioni estreme e al limite della sopportazione come malattie gravi, lutti, perdite economiche e miseria materiale. Mi risponderei di già che persino le "prove" più difficili immaginabili spesso sono parentesi negative e reversibili, sanabili nell'alveo di vite normali.

Perfino la morte non è un male grave in confronto, in qualsiasi modo truculento arrivi. Se si potesse provare in una vita sola ciò che è impossibile provare, ossia tutte le situazioni negative più eterogenee in tempi e modi diversi tanto da poterne soppesare ognuna e stilare una scala di cosa sia peggio, è fuor di dubbio che la condizione più infamante, soffocante e degradante che un essere umano possa vivere è il non potere vivere, nemmeno un giorno nella propria vita, a causa di handicap fisici di cui il peggiore e che davvero condanna a un'esistenza immonda è solo la bruttezza.

Ma è necessario metterci d'accordo preventivamente con i termini: per bruttezza intendiamo bruttezza evidente e non soggettiva, non insomma il classico ragazzo random con una pettinatura alla cazzo di cane o uno che non è bello. Intendiamo uno che se te lo ritrovassi davanti ti spaventeresti o ti inquieresti, quasi fino a stare male o a percepirlo come una minaccia, un pericolo. Quella diversità contro natura, quella disarmonia che può causare rabbia e sconcerto in un colpo solo. Un geco sibilante su un muro, un topo sotto la sedia, un insetto viscido. Così spesso mi sono sentito, prendetene uno dei tre o tutti insieme e mi avrete. Suscitare certi sentimenti non è una cosa bella da vivere. E faccio molta fatica a descrivere e a dare un'idea in merito, magari bastano due parole per dirlo ma io sono contorto e non mi piace l'ermetismo linguistico o - e questo è il dubbio - sono anche ritardato - tutte io le ho, povero me -da non riuscire a mettere su due righe come si deve.

Qualsiasi cosa io possa dire, anche la più grande verità, naufragherebbe comunque sulla mia faccia, inesorabilmente. Aldilà di cosa io possa produrre, dire, esprimere, tutto sarebbe vanificato e travisato negativamente in virtù di ciò che di me se ne vede. Non se ne scappa. Vi garantisco che è orribile essere consapevole di suscitare questi sentimenti nelle persone, donne in particolare. Lo sport dell'ipocrisia si esercita in questo ambito, in forme beffarde e grottesche: la stessa ragazza che noti indisporsi alla tua sola vista o minima interazione, ferita o infastidita nell'essere semplicemente contattata per banalissime interazioni come chiedere un'informazione, domandare i compiti dati dai professori il giorno di scuola che eri assente, introdurti appropriatamente in una discussione per non sembrare uno stoccafisso e un asociale, può giurarti un minuto dopo che sei una persona bella e di valore.

Ma tu vedi e noti la sua reazione di odio e fastidio a prescindere nei confronti della tua figura umana. Lo si capisce da linguaggio del corpo, tono di voce, lei trasuda odio e paura nei tuoi confronti senza però che tu possa nemmeno godere del rispetto che solitamente accompagna il fare paura. Quella ragazza tenderà spesso a recitare mostrando una facciata di comodo, che ne riveli una insita bontà d'animo e adesione a buoni princìpi e convenzioni sociali. La stessa ragazza che un attimo prima ti sbatte in faccia la tua diversità, di cui non hai colpa, perché non è una colpa di certo essere brutti, è capace di essere un'ottima attrice restando basita o fingendo stupore se racconti brevemente di te, del tuo dramma umano, della tua vita di solitudine in cui le uniche relazioni umane si sono palesate per te come bullismo, derisione, rigetto e indifferenza. " Ma cosa dici... Tu non sei brutto, è il tuo carattere semmai che... ". Questa è l'ipocrisia.
Una schizofrenia di fondo, comune tra tutti, che si può misurare e verificare costantemente. E' questo il leit motiv di molti ragazzi sfigati: essere trattati come malati mentali incapaci di relazionarsi quando, nei casi disperati, il loro unico e devastante problema è sempre la bruttezza.

Ognuno di noi è la propria faccia, o meglio, ciò che se ne vede. Se sei brutto, non sarai ben considerato, neanche fossi un Santo. Meglio prenderne coscienza, per tempo; ma dato che viviamo nelle favole, verità e realtà possono fare molto male: ergo, meglio credere a ciò che ci fa stare meglio. Beato chi arriva a 40 anni come me emarginato e rattrappito dalla vita che non si rende conto della sua sfortuna e continua a sperare che un domani cambierà, che lei verrà, che lavorerà, che vivrà prima o poi , che avrà la sua occasione senza dover correggere la causa del proprio male con la chirurgia estetica maxillo-facciale. Lo invidio. Io ero un pò così: poi mi sono svegliato, con fame di vita senza poterla vivere e consapevole, soprattutto, che ho avuto una certa vita solo perché il Caso volle che ebbi due centimetri in mascella in meno, mancanza ossea la quale conseguentemente, spesso, conferisce sguardo da idiota, tanto da idiota che via dell'effetto alone mi vedevo spesso trattato come un demente e non capivo perché. Ero davvero inconsapevole.

La verità spesso ti passa davanti e tu devi anche saperla cogliere, da chi te la lancia. Nessuna ipocrisia, a tal riguardo, fece la mia ultima prof di italiano e storia che al quinto superiore si premurò di rispiegare Leopardi malgrado fosse parte del programma del quarto anno. Lei era strana, lo spiegò negli ultimi giorni di scuola ed io avendo già fatto tutte le interrogazioni mi ero ritirato prima della fine canonica dell'Anno. Lei lo rispiegò per me, guardava me, perché dovevo cogliere un qualcosa. Bastarda. Era la prof che prima della lezione ci faceva sempre alzare a recitare il padre nostro, quindi era in parte anche ipocrita, perché stranamente si dilettava a parlare di quel maledetto a volte Caso nella stessa ed esatta chiave in cui ne sto parlando io in queste righe, guardandomi con aria irrisoria, come a dire: " Caro ragazzo, il Caso ti ha fottuto... ". Tu preghi e fai pregare Dio e poi parli di Caso, prof... Voglio dire, magari mi sbaglio, ma le due cose non si concilierebbero. Questa è l'ipocrisia.

Ma lei mi lanciava la verità. Io credevo alle favole. Sbagliando. Ragazzi, se avete certi problemi, non perdete tempo e non abboccate alle ipocrisie: operatevi, sistematevi, " umanizzatevi " la faccia. Quella conta nella vita, il resto è fuffa. Non cadete nel tranello del fottuto " carattere ": è solo l'ultima thule rimasta agli ipocriti per tenere buoni gli sfigati con psicologi e affini che ringraziano sentitamente sventolando il loro estratto conto bancario festanti. Io , modestamente, ho un carattere perfetto, dentro di me c'è il paradiso. Ma sono finito a trombare sex dolls. Traete le dovute conclusioni tenendo anche presente che non sono veramente brutto. Sono un bruttino anonimo che è stato stranamente e dannatamente mostro-percepito. Ma la mia cognizione mi dice che - oggi - bisogna essere belli, per avere una certa vita, la vita per cui vale esistere ed idilliaca. Non dimenticatelo. Salvatevi. Ad ogni costo.