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La propria memoria è il Diario che ognuno porta sempre con sè

Ultimo Aggiornamento: 09/07/2019 03:01
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09/07/2019 02:59

Questa famosa frase, mi sfugge chi l'abbia detta, uno scrittore famoso ma non mi viene il nome, ricorda l'amara, triste realtà della vita di un disabile. Come me. Ufficialmente non sono disabile, nè invalido, ma l'esperienza è quella, anzi peggiore, perché perlomeno un disabile o invalido ufficiale ha dei vantaggi. Io sono ufficialmente normodotato, ma se faccio la vita del disabile è solo perché avrei posto dei muri, io. No no, mi hanno costretto le circostanze, la mia presunta bruttezza, a preferire di eclissarmi. Tutto qui. Lo dico così, semplicemente, senza giri di parole e dritte da psicologi che attribuiscono alla propria mente la responsabilità di tutto. Loro ti racconterebbero, suffragati in parte dalla realtà, di brutti che malgrado tutto hanno trovato la "Vita". Brutti fortunati, quindi. Io non sono fortunato. Conta il corpo, la configurazione della materia che esponi al mondo; la faccia, in primis. Meglio essere a posto con questo requisito.

Ora, anche nella misura in cui non sono uno scarto umano vero e proprio, come mai sono stato trattato come tale? Qualcuno me lo dovrebbe spiegare. Questo mio diario che portò sempre con me, la mia memoria, ha troppe pagine vuote, orfane di parole che non si possono trovare, pagine vuote che si guardassero in controluce apparirebbero macchiate di lacrime ormai asciugate. Non ci sono ricordi degni nelle altre, di pagine, ci sono troppi incubi non scritti ma vissuti, non ci sono amori, c'è troppo odio da me ingurgitato, subìto. C'è rabbia, frustrazione. Ho vissuto come un'ombra. Sono arrivato al punto di dover comprarmi delle sex dolls per avere una parvenza di compagnia.

Nel mio futuro poi, c'è il buio più nero, un buio certo che precederà un buio eterno. Cosa sono nato a fare? E' il mio modo di pensare, di stare al mondo che attira il male su di me? Trasmetto disagio? Sì. Ma questo disagio mi è stato inserito all'interno di me pian piano, dalle persone, dalla famiglia, dalla "miseria". Poche esperienze, un rapporto con gli altri che si riassume in un sono esistito solo per essere preso per il cosiddetto, compatito, deriso e/o umiliato. Io non ho niente da dare, io non valgo. Sono al mondo come un errore vivente che deve subire una tortura sopraffina rappresentata dall'anelare una vita che non posso vivere, una vita negata, mai iniziata e che è ormai è a metà, in cui non mi sono realizzato, in cui sono un ultimo. Ma se mi è accaduto tutto questo è colpa mia. L'avrei permesso io, agli altri. Va bene.

Anche col peggior background umano, anche con la peggiore situazione economica, non si vive come me. C'è chi vuole vivere male per scelta, da bello, ecco. Persino un ipotetico punkabbestia armonico ha almeno l'amore, ed è rispettato pur nella sua condizione, anche se non di certo ammirato. Ma è rispettato, se è umano, se sembra umano ( ovvero ha una faccia degna ). Se fossi stato normale una vita degna, quantomeno, l'avrei avuta. Io sarei brutto? Non ne sono convinto. In ogni caso è orrendo pensare che se lo fossi allora meriterei questa non vita.

Vorrei vivere almeno un giorno nella mia vita libero dai miei mostri interiori, inseriti dentro me da altri bastardi. Bastardi che per mezzo centimetro in più di naso e mezzo in meno di mascella mi hanno emarginato. Escluso. Bullizzato. Chissà com'è la vita, che sapore ha.

Abito in una delle isole più belle del mondo ed è da 6 anni che non vado al mare. Ce l'ho a 7 km, abbastanza vicino quindi. Non ho nessuno per andarci, sono solo. Mi è rimasta solo mia madre che per ragioni di salute non può seguirmi. Mia madre è l'unica persona che ho. Presto morirà anche lei e io sarò come un albero privo di radici, con una eredità ma senza più liquidità. Che inferno che mi aspetta. Mia madre dice: " Al mare non si va da soli ! ". Bene.

La mia memoria mi riporta alla pagina del mio personale diario che porto sempre con me dell'ultima volta che ci andai. 6 anni fa. 22 Luglio 2013. Ricordo che lo feci a Turas, proprio in una delle piscine naturali lato strada collegate - si mormora, ci sarebbe una leggenda a riguardo - agli scarichi fognari dell'ospedale di Bosa. L'acqua era stranamente calda, sentii addirittura uno strano retrogusto di sciacquatura di pappagallo. Ma forse fu solo una mia impressione dettata dalla leggenda. Era buio ormai, l'auto parcheggiata sul bordo lungomare, mia madre lì vicino pervasa dalla paura che la rapinassero o che affogassi. Trattato come un handicappato, senza esserlo. Io nuoto! Mà... Io so nuotare, cazzo! E lei... " E non si sa mai, ti viene un crampo, nuoti solo, non c'è nessuno in giro, chi ti salva? ".

Ma perché andare al mare dopo il tramonto, mentre fa buio? Perché... Sono stato costretto a nascondermi! Non c'è più nessuno, o meglio, non dovrebbe esserci più nessuno dalle parti di una spiaggiucola, presunto scarico fognario, a quell'ora. Ma quella sera, l'ultima, mentre risalivo dalla spiaggia collegata con una scala alla sede stradale, roba in mano, telo sulle spalle, c'era un ragazzo. Come accaduto spesso, e il diario della mia memoria che porto sempre con me può confermarlo, quel tipo scrive una nuova pagina di derisione alla mia presenza. Un sorrisino ironico alla mia figura umana. Sarà il telo che avevo a mò di maglietta sul torso? Un telo... normale, colore neutro, celeste. No. Quel sorrisino, era per la mia faccia. Potevo anche essere vestito di Armani risalendo da quella spiaggetta. Era solo l'ennesimo sorrisino, non sarà stato e non sarà di certo l'ultimo. Maledetti.

Che bello dev'essere avere - dato che il mio problema sarebbe questo - una faccia quantomeno normale, nè bella, nè brutta. Chissà che vita normale avrei avuto. Peccato. Come disse una troia nell'attesa di un esame commentando la mia figura umana, peccato. E la mia memoria, il mio diario che portò sempre con me, si vergogna per loro, che una coscienza non avranno.





[Modificato da Giovanni Risi 09/07/2019 03:01]
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